
Power and Prestige. Simboli del comando in Oceania - Palazzo Franchetti, San Marco, 2847 - Venezia
Mostra in corso dal 16 ottobre 2021 al 13 marzo 2022
La Fondazione Ligabue presenta a Palazzo Franchetti una mostra innovativa che ci conduce a scoprire le bellezze artistiche e gli elementi culturali e simbolici di mondi e civiltà lontani, fuori dagli stereotipi.
Comunicato stampa della mostra Power and Prestige
“POWER & PRESTIGE. Simboli del comando in Oceania”, curata da Steven
Hooper direttore del Sainsbury Research Unit per le Arti dell’Africa, Oceania
e delle Americhe presso l’Università dell’East Anglia nel Regno Unito - tra i
massimi esperti internazionali in materia -, copromossa dalla Fondazione
Giancarlo Ligabue con il Musée du quai Branly di Parigi, il museo con la più
vasta collezione di arte etnografica del mondo che la ospiterà in seconda sede,
riunisce per la prima volta in Italia e in Europa 126 bastoni del comando: mazze
di straordinaria bellezza con diverse funzioni, realizzate nel XVIII e XIX secolo,
una decina delle quali appartenenti alla Collezione Ligabue.
Una mostra che può considerarsi una pietra miliare, essendo la prima
interamente dedicata a questi manufatti sui quali getta nuova luce, e una
rivelazione per tutti coloro che sono interessati alla scultura e alle affascinanti
culture dei “mari del Sud”.
Il Nuovissimo Continente, come viene oggi indicata l’Oceania, l’ultimo ad
essere scoperto dagli Europei prima dell’Antartide, è un insieme estremamente
diversificato di isole sparse su metà della superficie del nostro pianeta,
accomunate dal grande Oceano che le unisce.
Dall’Australia e la Nuova Guinea a ovest abitate da 50.000 anni, alle isole
della Polinesia come Tahiti, l’isola di Pasqua e le Hawaii scoperte da intrepidi
viaggiatori polinesiani mille anni fa, queste terre hanno una ricca varietà di
culture che affascinarono i primi europei, che le raggiunsero a partire dal
Cinquecento.
Gli abitanti del Pacifico avevano sviluppato tecniche, usi e forme d’arte originali
che si erano evolute o modificate nei territori oceanici in base ai diversi contesti
e alla storia di ognuno. I bastoni del comando - solitamente classificati come
armi primitive anche se in molti casi mai utilizzati come tali, in realtà anche
bellissime sculture in legno, pietra e osso di balena,manufatti dai molteplici usi e
significati, pezzi unici espressione della creatività e della capacità di straordinari
artigiani - erano tra i materiali più diffusi e ancora prodotti quando, tra Sette
e Ottocento, le spedizioni del Vecchio Continente iniziarono a giungere con
frequenza in quelle terre, prima che i missionari e le amministrazioni coloniali
ne scoraggiassero la produzione.
Oggetto di curiosità e ammirazione, di studio e di collezionismo, vennero
portati in Occidente da avventurieri, ricercatori, commercianti, missionari e
ufficiali coloniali. Eppure, proprio perché a lungo considerati strumenti cruenti
di selvaggi, furono costretti a un ruolo minore nei musei e nelle esposizioni.
Ora i bastoni del comando dell’Oceania saranno mostrati nella loro
stupefacente bellezza scultorea e, sfidando gli atteggiamenti convenzionali
e “la deformazione percettiva delle letture occidentali”, verranno presentati
nelle loro molteplici valenze: vere opere d’arte complesse, rappresentazioni di
divinità, status symbol, pregiati oggetti di scambio e accessori per le esibizioni,
e talvolta strumenti di combattimento.
Opere connesse al potere umano e a quello divino.
“Nel mondo Occidentale e in Europa solo in anni recenti si è iniziato a guardare
con occhi non viziati da pregiudizi e da preconcetti alle popolazioni e alle culture
di continenti lontani: popolazioni spesso sopraffatte e di cui sono state cancellate,
volutamente o per supponenza, memoria e saperi” – spiega Inti Ligabue Presiedente
della Fondazione Giancarlo Ligabue, che quest’anno festeggia il primo lustro di
attività. “Manufatti come le mazze oceaniche sono ancora oggetti in parte misteriosi,
non capiamo fino in fondo i loro messaggi né i simboli che le adornano, ma appaiono
straordinari per fattezze e le storie che possono narrare sapranno condurci con rispetto
attraverso l’Oceano, spiegando le vele della conoscenza”.
Giungeranno in mostra a Venezia pezzi rari e importanti provenienti dalle
principali collezioni del Regno Unito e dell’Europa continentale, come il
National Museum of Scotland di Edimburgo, il Cambridge University Museum
of Archaeology & Anthropology, il National Museums of World Cultures nei
Paesi Bassi, il Musée des Beaux -Arts di Lille, la Congregazione dei Sacri cuori di
Gesù e di Maria a Roma e da altre collezioni, sia private che pubbliche, che
detengono tesori in gran parte mai esposti prima d’ora: in particolare dal British
Museum di Londra che presta eccezionalmente per l’evento della Fondazione
Giancarlo Ligabue 25 prestigiosi pezzi.
Accompagnata da un prezioso catalogo Skira, “Power & Prestige”, con progetto
espositivo e di comunicaizone di Ubis Design Workgroup, è stata anche
l’occasione per il primo studio sistematico di questi materiali, che avevano un
ruolo importante nelle culture delle isole del Pacifico - nelle Figi, Tonga, Tahiti,
Nuova Guinea, Isola di Pasqua e altre isole – espressioni d’arte e usi radicati
da conoscere e rispettare; oggetti che hanno suscitato l’ammirazione di celebri
artisti del Novecento come Alberto Giacometti, Henry Moore e Constantin
Brancusi, ma che sono stati dimenticati o poco indagati dagli stessi musei
proprietari.
“La Fondazione Giancarlo Ligabue è un centro di ricerca prezioso per la diffusione
della conoscenza sulle collezioni, le culture e su diverse tematiche care ai musei come
i nostri” ha dichiarato Emmanuel Kasarhérou Presidente del Musée du quai
Branly-Jacques Chirac, commentando la collaborazione tra le due Istituzioni.
“Questa relazione è una meravigliosa opportunità per il nostro Museo di condividere le
sue collezioni e di farlo per la prima volta, in particolare, con il pubblico italiano. Gli
specialisti del settore museale lo sanno, non esiste una ricetta ideale per una mostra di
successo. Ma esistono dei punti di vista, degli spunti di riflessione che permettono ai
visitatori di “entrare” nel vivo della materia e di realizzare un viaggio nuovo, attraverso
le opere. E’ il caso di questa esposizione.”
Una mostra che lo stesso Presidente del Quai Branly, nell’introduzione in
catalogo, non esita a definire “di portata storica” per la quantità e qualità dei
pezzi esposti e per l’ambiziosa ricerca che l’accompagna.
Procedendo per tematiche, scelte per mettere in evidenza le molteplici
caratteristiche e identità degli oggetti, la mostra accompagna dunque in un
viaggio attraverso l’Oceania, illustrando anche i percorsi compiuti da queste
opere, dalla loro creazione circa duecentocinquanta anni fa, fino all’attuale
collocazione nelle teche o nei depositi di musei e collezionisti: oggetto per
lo più di baratto in cambio di beni ambìti nei contesti indigeni di allora (“da
quelle parti i denti di capodoglio valevano più dell’oro” !), assunti come trofei
di battaglia dai pakeha nelle guerre maori degli anni sessanta dell’Ottocento,
oppure in molti casiripudiati dalla comunità locali neoconvertite dai missionari.
Talvolta l’interesse degli europei era semplicemente di tipo folcloristico come
souvenir esotici da mostrare o rivendere; tal altra era un interesse di tipo
scientifico, animato dalle filosofie illuministe e dal sistema linneano, al fine di
portare esemplari di ogni genere nei circoli intellettuali d’Europa come quelli
del British Museum o di Oxford, di Cambridge o di Edimburgo.
Joseph Banks – per esempio - fu un grande promotore di questa diffusione al
suo ritorno dal primo viaggio di Cook; così come Ashton Lever fondò un suo
personale museo noto come Museum Leverianum, prima a Liverpool e poi
a Londra, finendo in bancarotta per aver collezionato in maniera ossessiva
materiali naturali e curiosità da tutto il mondo.
Venduta all’asta la sua fantasmagorica collezione, che conteneva moltissimi
bastoni dall’Oceania, gli studiosi stanno tentando di ricostruirla anche
attraverso gli acquarelli realizzati nel 1783 dall’artista Sarah Ston e proprio in
occasione della mostra “Power & Prestige”, Hooper e Kasarhérou
hanno identificato un bastone della Nuova Caledonia conservato ora
al National Museum of Scotland di Edimburgo e aggiunto alla lista
una mazza ituki delle Figi conservata a Cambridge: entrambi i bastoni
saranno esposti a Palazzo Franchetti a Venezia in questa speciale
occasione.
Ci furono anche molte società missionarie, sia cattoliche che
protestanti, che raccolsero questi oggetti in musei itineranti allo scopo
di esibire il successo delle attività evangeliche e facilitare la raccolta di
fondi, mostrando i manufatti dei “pagani “ convertiti, come la London
Missionary Society - la cui collezione si disperse a partire dal 1890,
confluita in parte cospicua nelle raccolte del British Museum – o la
Methodist Missionary Society che invitò i missionari a promuovere
la raccolta e la vendita di prodotti locali anche a fini di beneficenza.
Alcuni oggetti presenti in mostra provengono da collezioni di questa
natura come le due pregevoli sculture antropomorfe dell’isola di
Pasqua che adesso appartengono alla Congregazione dei Sacri Cuori
di Gesù e Maria di Roma.
Il mondo museale comunque nella seconda metà dell’Ottocento vide
emergere figure chiave che promossero l’acquisizione di materiale
etnografico sviluppando rivalità sul piano personale ed istituzionale
come August Francks al British di Londra, Hanry Balfour al Museo di
Oxford, il barone von Hugel a Cambridge e, per l’Italia lo zoologo e
antropologo Enrico Giglioli, le cui raccolte sono oggi il nucleo centrale
delle collezioni sull’Oceania dei musei di Roma e Firenze.
Insomma, l’Europa cominciava a conoscere, ammirare e studiare
questi incredibili oggetti, ma era ancora lontana dal comprenderne
la valenza plurima, i messaggi, la grande bellezza, lasciando solo alla
avanguardie artistiche il compito di farsi ispirare.
Orari: da martedì a domenica dalle
10.00 alle 18.00. Chiuso lunedì.
Biglietti:
intero € 12, ridotto € 10.
Telefono: +39.041.2705616
E-mail: info@fondazioneligabue.it
Sito web: Fondazione Ligabue
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